La marcia dello squalo bambù

nuova specie scoperta in Indonesia

il 00 00 0000 da www.larepubblica.it

Gli scienziati l'hanno individuata al largo di Ternate nell'isola di Halmahera, nell'arcipelago Muluku. Si aggiunge agli oltre 400 squali descritti al mondo ed è stata battezzata Hemiscyllium halmahera. Una delle sue caratteristiche, oltre al mantello maculato e le dimensioni attorno al metro di lunghezza, è proprio il procedere sulla sommità della barriera corallina facendo leva sulle pinne pettorali e pelviche. Ed è innocuo per l'uomo

NIENTE fauci spalancate, denti minacciosi e sguardo di ghiaccio: la nuova specie di squalo scoperta in Indonesia ha l'aspetto di un grazioso pesce, persino troppo timido per nuotare. La sua andatura ondeggiante ricorda infatti una passeggiata sul fondo, soprattutto se paragonata alle inesorabili scene di caccia sommersa a cui film e documentari ci hanno abituato. Il pesce marciante appartiene alla famiglia degli squali bambù, che popola le acque di Australia, Papua e Nuova Guinea. Una delle sue caratteristiche, oltre al mantello maculato, al fatto di essere innocuo per l'uomo e le dimensioni che si aggirano attorno al metro di lunghezza, è proprio il procedere sulla sommità della barriera corallina facendo leva sulle pinne pettorali e pelviche.

La nuova specie di squalo, che si aggiunge alle oltre 400 descritte al mondo, è stata battezzata Hemiscyllium halmahera dal team di scienziati guidati da Gerald Allen, che l'ha scoperta al largo di Ternate nell'isola di Halmahera, nell'arcipelago Muluku in Indonesia. I due esemplari descritti in Aqua, il giornale internazionale di ittiologia non superano i 70 centimetri di lunghezza e i biologi spiegano che: "la specie si distingue dal suo simile Hemiscyllium galei, ritrovato nella baia di Cenderwish, nella Papua occidentale, per avere 7-8 lunghe chiazze scure nella parte inferiore del mantello, tra l'addome e la pinna caudale, una screziatura marrone scuro dietro la testa e circa 25 macchie sulla sommità del capo".

Lo spirito di osservazione sembra essere dunque una qualità indispensabile per gli scienziati che esplorano gli abissi alla ricerca di nuove specie, ma le curiose caratteristiche della famiglia di squali bambù non sono passate inosservate anche in precedenza. All'inizio del 2013, infatti, un gruppo di ricercatori australiani ha pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE uno studio che rivela come persino gli embrioni di questi pesci dallo scheletro cartilagineo siano in grado di percepire il campo elettrico di un possibile predatore, attraverso il morbido guscio d'uovo che li separa dal resto del mondo marino. Quando il pericolo è vicino i piccoli di squalo bambù della specie Chiloscyllium punctatum s'immobilizzano e smettono addirittura di respirare per passare inosservati. "Gli squali non ancora nati sono in grado di riconoscere i segnali di pericolo e reagiscono con una innata capacità di prevenire il rischio", ha spiegato Ryan Kempster, membro del team dell'Università dell'Australia occidentale Crawley, vicino Perth.

Già si conoscevano le capacità degli organi per l'elettroricezione degli squali adulti: le famose ampolle di Lorenzini. Strutture poste sul muso che contengono una sostanza gelatinosa in grado di amplificare la percezione dei campi elettrici prodotti da altri animali. I ricercatori australiani sono riusciti a riprodurre in acquario il fenomeno, applicando dei leggeri campi elettrici in presenza degli embrioni. Hanno così potuto osservare per la prima volta in laboratorio come questi piccoli pesci bloccassero la respirazione e ogni altro movimento per nascondersi e non attirare l'attenzione.

L'informazione ancora più sorprendente è che i nascituri mantengono memoria dei precedenti stimoli e la loro risposta diventa via via meno evidente, qualora il segnale elettrico non sia associato a un pericolo reale. La scoperta è rilevante soprattutto per la futura produzione di dispositivi antisqualo: eventuali dissuasori elettrici dovranno infatti essere progettati in modo da cambiare continuamente il tipo di emissione, così da non abituare gli animali.

di PAOLA RICHARD